Il Blog del Tempio della Grande Dea
Creature Sacre e Dee

Le Creature Sacre ad Afrodite l’Amante

Articolo di Marco Morgana Vettorel

“Quando la Ruota comincia a girare
che i fuochi di Beltane inizino a bruciare!”

Tempo di Beltane, tempo dell’Amore e del piacere.
Ci troviamo nel periodo dell’estate, del calore e del Fuoco, al suo massimo splendore.
Il sole è sempre più caldo, gli alberi, le piante, la natura intera, il sacro corpo della Madre
e i nostri stessi corpi (essendo noi stessi parte di Lei), splendono di nuova energia,
rinnovata e pulsante, piena di vita e vigore.
Ovunque è un tripudio di colori, emozioni e piacere, di pura vita pulsante e attiva.

Signora di questa magia è la Grande Dea nel suo aspetto di Amante, Afrodite quale
Signora dell’energia sessuale, del desiderio, della bellezza interiore ed esteriore, della
gioia e del piacere.
Attraverso i suoi sacri doni ci benedice, inizia, trasforma; apre i nostri cuori, aiuta a
guarire le nostre ferite ma, in alcuni momenti e proprio per questo motivo, conducendo
negli abissi più profondi di noi stessi per scoprire i tesori nascosti, può anche portare
dolore e oscurità, insegnando come attraversare la tempesta per uscirne migliori.

A Lei sono associate diverse creature, che rispecchiano ed enfatizzano non solo alcune
delle sue caratteristiche e aspetti ma anche di questo godurioso periodo.

Come accennato nell’articolo precedente (“le creature sacre ad Afrodite del Fuoco”), gli
animali hanno sempre fatto parte del nostro immaginario e delle nostre vite, nonostante
la separazione avvenuta tra uomo e natura soprattutto per opera delle religioni ufficiali,
che hanno portato l’essere umano a staccarsi definitivamente da Lei, a considerarla
impura e non sacra, un qualcosa da abusare, controllare e sfruttare per i propri fini,
eleggendosi unico padrone superiore a tutto e tutti.

In moltissime civiltà dall’alba dei tempi a oggi, ogni animale ha assunto attributi e valori
unici, provenienti dai loro comportamenti, dalle loro attitudini naturali e anche da alcuni
eventi storici che li hanno connotati in un modo o in un altro (generando delle volte,
purtroppo, ridicole superstizioni e credenze assurde che hanno portato ad avere vittime
innocenti).

Questo perché, prima della separazione tra uomo e natura, gli animali erano considerati
un ponte tra il nostro mondo e quello degli spiriti, mediatori tra divinità e mortali e
maestri di vita.

Analizziamo il significato delle creature associate ad Afrodite l’Amante:

SIRENA




La Sirena è una creatura bellissima, metà donna e metà pesce, immortale, figlia del
mare, che passa le sue giornate a cantare con la sua voce melodiosa, attirando a sé i
marinai mentre se ne sta seduta a guardare il mare oppure a farsi ancora più bella,
osservando il proprio riflesso dal suo specchio mentre si pettina i capelli.

La Sirena è la Dea e il mare stesso, figura liminale, divisa tra due mondi, che ha in sé sia
l’oscurità che la luce.
Misteriosa, seducente, magica, la sua bellezza è magnetica, affascinante e inquietante
come il mare.
Lei possiede il dono di vedere il futuro, di esaudire i desideri dei mortali a suo
piacimento, così come di guarire gli umani (o affogarli, sempre secondo ciò che la
aggrada).
Il suo canto, così come il suo fascino, crea e distrugge. È unico eppure sempre diverso,
ha vita propria, appartiene a lei soltanto giacché contiene la sua più vera e profonda
essenza, la sua Anima. È magia pura e primordiale che porta gioia e pazzia in ugual
misura.

Lei è l’Amante, l’incantatrice, simbolo femminile di mistero e libertà, espressione
autentica e fedele di se stessa.

Come accennato in precedenza, la Sirena è descritta con la metà superiore del suo corpo
da donna, a seno nudo e florido, simbolo che testimonia il suo potere di Dea
dispensatrice di doni e Amante mentre, la metà inferiore del suo corpo, dalla vita in giù,
di pesce, simbolo della sua parte primitiva, della sua natura più antica e selvaggia,
indomita.
Sia chiaro, per amore di correttezza storica e iconografica, che la Sirena non è stata
rappresentata da sempre con una sola coda di pesce (delle volte veniva e viene rappresentata bicaudata, con due code aperte, richiamo alle antiche dee come la Sheila-na-gig che, con le mani, divarica le gambe mostrando la vulva, divenuto tra le altre cose simbolo iconico di Starbucks, per chi non lo sapesse o non ci ha fatto caso).
L’interpretazione come figure femminili per metà pesce risale all’epoca medioevale,
utilizzate come emblema di lussuria e di vanità, un simbolo perverso utilizzato come
monito per i fedeli a non cadere nel peccato della carne.
Nella mitologia e religione greca la Sirena veniva descritta e rappresentata come metà
donna e metà uccello. Per la precisione, testa, seno e braccia di donna, ali e corpo di
uccello, dotata di un canto seducente e una lira.
Simili alle arpie, erano descritte come spiriti del mare, associate anche alla morte e al
Fato, coloro che si muovevano tra Scilla e Cariddi, antico richiamo alle dee uccello del
Neolitico.
Per di più, si cita anche a figure maschili metà maschi e metà uccelli (cosi come troviamo
i tritoni: metà maschi e metà pesci).

La Sirena, in una forma o nell’altra, è presente in più mitologie, culture, religioni, storie e
tempi.
Il più delle volte, le storie che la vedono per protagonista, raccontano della sua
pericolosità, o come per le sue sorelle selkie, di tragedie d’amore, sacrificio e dolore.
Questo perché Lei esaudisce i desideri degli uomini, dei suoi amanti ma, cosi facendo,
spesso sacrifica ciò che le è più caro: se stessa e la sua libertà, il suo potere.

Spirito d’indipendenza, desiderio, sessualità e del mare, la sua natura è di vivere in due
mondi diversi che faticano a conciliarsi, portando conflitto e sofferenza ma, proprio per
questo, insegna l’importanza di superare i limiti, di conciliare gli opposti tornando
all’unità.

La Sirena ci insegna a vivere in libertà, a riconoscere la propria natura attraverso il suo
sacro specchio, a superare i limiti imposti e a nuotare, seguire la corrente verso il
piacere, esprimendo e godendo del proprio canto, dei propri doni, della propria natura,
districando via ogni nodo e ostacolo.
Per riuscire in ciò, non solo insegna anche a fare i giusti sacrifici per inseguire l’Amore,
ma porta con sé il dono della trasformazione e della magia, della Sacra Vista sul passato,
presente e futuro, il dono dell’onniscienza e della visione.

Non è semplice spiegare l’etimologia del nome Sirena e le ipotesi sono molteplici e non
sicure.
Alcuni hanno ricollegato il nome con la radice semitica sir ("canto"), altri al greco "fune,
corda" (poiché la sirena è colei che seduce, lega, imprigiona), altri ancora a "ciò che
brilla”.
Nella lingua inglese, mermaid, deriva da “mere” che significa laghetto o stagno.

Già che ci siamo, facciamo chiarezza su figure simili ma diverse.
Le ninfe d’acqua a differenza delle sirene vivono nei fiumi e nelle sorgenti o nei laghi,
sono descritte come spiriti benevoli delle acque dolci, all’aspetto di giovani ragazze,
capaci di esaudire desideri. Sono richiami, echi, delle antiche dee delle sorgenti e dei
pozzi sacri, simili a fate, istintive.
Nella mitologia greca troviamo tre diversi tipi: le Oceanine, che hanno il potere (e
dimorano) sul mare, le Naiadi, che vivono presso fontane e sorgenti, e le Nereidi che
invece sono presenti nelle acque del mare Mediterraneo.

Un’altra figura simile nell’aspetto ma diversa dalla Sirena è l’Ondina.
Dal latino unda, onda, sono divenute gli spiriti (elementali) per eccellenza dell’elemento
Acqua nell’alchimia, nella magia e nel neopaganesimo, grazie al lavoro di Paracelso e non
solo.
Simili alle fate, spiriti della natura liminali tra luce e oscurità, in una storia germanica
l’ondina è famosa per essere una ninfa che maledice per il torto subito in amore.
Il racconto riporta di come l’Ondina perde il suo amato, che la tradisce con un'altra
donna e allora, consumata dall’odio e dalla sete di vendetta, lo maledice privandolo del
sonno, senza pensare che anche lei sarà vittima del suo maleficio poiché il suo amore
morirà.
Con la sua storia insegna come nella vendetta, si può perdere se stessi e il proprio
amore.

MEDUSA




Molti ne sono terrorizzati, anche se qui in Italia non si corrono rischi particolari, poiché
le meduse non sono velenose ma semplicemente urticanti. Ci sono però, da altre parti del
mondo, specie di meduse coloratissime, dai tentacoli lunghi e sottili, tanto affascinanti
quanto terribilmente velenose e spesso fatali.

La medusa porta con sé il concetto della sinuosità, la necessità di lasciarsi andare e
trasportare dalla corrente della vita, senza resistenze.
Fluire con le maree della vita, dunque.
La medusa connette con i misteri dell’inconscio e permette di fidarsi del ciclo della vita.
Come simbolo e animale guida, crea una forte connessione con il mare, con l’acqua.

L’acqua è simbolo dell’introspezione, del pensiero, dell’io profondo che risiede in ognuno
di noi e la medusa è il suo viandante, colei che guida in questo viaggio.

Una piccola ma doverosa nota va a Medusa (dal greco antico, che vuol dire "protettrice",
"guardiana", "proteggere"), figura della mitologia greca.

Insieme con Steno ed Euriale, è una delle tre Gorgoni, figlie delle divinità
marine Forco e Ceto. Secondo il mito le Gorgoni avevano il potere di pietrificare chiunque
avesse incrociato il loro sguardo e, delle tre, Medusa era l'unica a non essere immortale e
venne decapitata da Perseo.
La sua figura, con grande probabilità, sembra essere stata vittima del patriarcato: i suoi
capelli, simbolo di bellezza e sensualità, per motivi di gelosia e rivalità tra donne, si
trasformano per volontà di Atena in un’arma letale, serpenti velenosi che pietrificano con
il loro sguardo.

CAVALLUCCIO MARINO




Conosciuto come ippocampo (hippocampus), è un genere di pesce d'acqua salata
conosciuto comunemente come cavalluccio marino per via della testa che ricorda quella
di un piccolo cavallo.

I significati e i simbolismi del cavalluccio marino sono diversi, attribuiti da più culture
come quella greca ed europea, per via dei suoi comportamenti o delle sue caratteristiche
naturali.
Presso greci e romani, si credeva che il cavalluccio fosse un tributo al dio
Nettuno/Poseidone e per questo lo consideravano un simbolo di forza e di potere.

Visto che i suoi movimenti sono quasi a rallentatore, il cavalluccio marino è stato
associato alla pazienza e all'allegria.

Oltre a ciò, come animale totem, insegna non solo ad amare se stessi per come si è,
senza cedere a pressioni o cambiamenti esterni, ma anche a persistere nel raggiungere i
propri obiettivi, sempre con attenzione, poiché non si può essere ostinati o inflessibili per
realizzarli.

Il cavalluccio marino insegna la parità di genere, la fiducia, la grazia e a lasciar fluire
emozioni e sentimenti.
Porta con sé tutta la bellezza dell’oceano e dell’acqua e per secoli, presso diverse
tradizioni popolari, veniva impiegato in medicina per risolvere diverse patologie.

Sempre con lo stesso nome, ci si riferisce anche a una creatura leggendaria della
mitologia greca: presente nei cortei di Poseidone, insieme a tritoni, draghi e altre creature
del mare, veniva descritta come un cavallo sino alla pancia, mentre il loro corpo finiva
con una coda di pesce. Potevano avere zoccoli o zampe palmate e al posto della criniera
poteva esserci una cresta di membrana.

Strettamente collegato, troviamo Capricorno a rappresentare una creatura simile ovvero
“la capra di mare”, metà superiore di capra e metà inferiore di pesce.
La stessa Afrodite cavalca una capra di mare in alcune descrizioni.

CAVALLO




Il cavallo è un animale che ha rivestito un ruolo fondamentale in diverse culture,
soprattutto quella celtica in cui, mangiare la carne o fargli del male, era considerato un
tabù. È un animale simbolo del potere personale, del movimento, della libertà e della
pura espressione di sé.
Oggi giorno viene considerato anche un animale che fornisce supporto per chi è solo,
depresso, e sente di aver “perduto il cuore” (non a caso c’è anche la terapia con i cavalli).

Nella mitologia è un animale psicopompo, che conosce bene le vie che conducono all’altro
mondo, un animale forte e veloce, una guida valida e fedele.
Proprio per queste sue caratteristiche, basandosi e interpretando il suo comportamento,
si usava praticare anche l’arte della divinazione.

Ritengo doveroso, parlando di cavalli, nominare Rhiannon divinità celtica della Luna e
dell’Oltretomba, della terra sacra e della Regalità (il suo nome significa “Grande Regina”),
associata con la Dea gallica dei cavalli Epona.
Lei è uno dei volti della Grande Dea nel suo aspetto di Amante.
Nel mito che la vede protagonista nei Mabinogion, Rhiannon cammina tra i mondi (è una
divinità psicopompa) in groppa al suo inafferrabile cavallo bianco che sceglie di fermare
per colui che vuole amare, Pwyll, un mortale che aveva incontrato in una delle sue
cavalcate.
Dopo diverse avventure sposa il suo amato e da alla luce il loro neonato, Pryderi, ma le
sue domestiche, non riuscendo a trovare il bambino, la accusano del suo omicidio.
Pwyll da ascolto ai suoi sudditi e la punisce severamente: come un cavallo, deve offrire
un passaggio sulla sua schiena a coloro che entrano nel regno.
Dopo sette anni il bambino viene ritrovato dalla Dea Branwen e Rhiannon viene
discolpata.

Rimanendo in ambito celtico, è interessante citare anche la figura del kelpie.
Viene descritto come uno spirito maligno che appare con le sembianze di
un cavallo bianco o nero, con la criniera e la coda che gocciolano acqua, e che vive
presso laghi e fiumi di Scozia e Irlanda.
Secondo la leggenda, chiunque vi monti in groppa non è più in grado di scendere dunque
il cavallo salta nel fiume gettando in acqua il suo passeggero.

Anche l’unicorno o Liocorno merita attenzione: cavallo mitologico, viene descritto come
candido e con gli occhi blu, magnifico e...Dotato di un unico corno che gli nasce al centro
della fronte.
Guardiano dei luoghi sacri, velocissimo, presente in diverse epoche, culture e miti, amico
degli uccelli che si posano su di lui (altro animale sacro a Rhiannon, suoi messaggeri con
i quali compiere magie e prodigi), si riteneva che il suo corno avesse diversi poteri magici
ma non era facile catturarlo poiché si avvicinava solo a fanciulle vergine o uomini e
donne selvagge come lui.

COLOMBA




Anche la Colomba, come molti altri animali e simboli, aveva un ruolo d’onore nelle
religioni, miti e culture precristiane e pagane.

Abbiamo tracce antiche non solo nel culto della Grande Dea nella sua forma di uccello,
ma anche nelle diverse singole manifestazioni quali ad esempio la dea Afrodite.
Un giorno, secondo il mito che spiega come la colomba è divenuto l’animale sacro di
Afrodite, la dea gareggiava con suo figlio Eros nel raccogliere fiori. Lei ebbe la vittoria,
grazie all’aiuto e intervento della ninfa Peristera, che venne punita da Eros che la
trasformò in una colomba.

Presso greci e romani quest’uccello divenne l’emblema della pace, della serenità,
dell’armonia cosmica e della fedeltà coniugale. La sua presenza simboleggiava e rilevava
la natura divina delle cose.
Ovviamente, fu associata anche alla lussuria, dato il suo accostamento con la dea
Afrodite e Venere che, nel tempo, furono ridotte solo a Signore dell’Amore e del piacere
carnale.

Nel cristianesimo vennero mantenuti solo gli aspetti puri e divini, cosi la colomba
divenne simbolo della pace e della salvezza (nell’episodio del Diluvio fu l’animale che
riportò a Noè il rametto d’ulivo, promessa di salvezza e segno di riconciliazione con il
creato) e per questa sua connotazione salvifica venne associata al sacrificio di Cristo
morto sulla croce per salvare l’uomo.

È l’animale che mette in comunicazione Dio e l’uomo, sacro e profano.

CIVETTA



Se in molti paesi, per colpa di secoli di superstizione e ignoranza, la civetta è ancora oggi
bollata come un animale portatore di sfortuna, disgrazia o persino morte, annunciato dal
suo canto nella notte oscura, in origine aveva un significato notevolmente migliore,
soprattutto presso la cultura e la religione greca.

Simbolo di saggezza e conoscenza antica, era l’animale sacro alla dea Atena, divinità pre-
ellenica che, in diversi miti che la vedono per protagonista, assume le sembianze stesse del suo animale sacro.
La civetta era considerato l’animale protettore della città di Atene, guardiano della
conoscenza ma anche dell’oltretomba e dei defunti, volatile dallo sguardo scintillante, che
riesce a vedere la realtà oltre il velo dell’apparenza.

La sua distorsione in animale demoniaco è stato un processo evoluto nel tempo, sia a
causa dei suoi comportamenti naturali, sia per la sua connessione con divinità pagane,
considerate dalla chiesa un qualcosa di eretico, da estirpare, come Atena.

La civetta è, infatti, un animale notturno, cacciatore, che nel medioevo venne associata
alle streghe (strega deriva dal latino striga o stryx, a indicare un uccello notturno) e ai
demoni che di notte succhiano il sangue dei bambini addormentati, visione che l’ha
messa anche in analogia con Lilith e la luna e dunque a quel senso di ambiguità e
“doppiezza” che spaventava l’uomo patriarcale.
La civetta è, infatti, un simbolo della Grande Dea, creatrice e distruttrice al tempo stesso,
un animale che ha il dono della chiaroveggenza e della visione, che risveglia intuito e
saggezza.

È interessante considerare come, da animale di conoscenza e saggezza della Dea, non
solo venne demonizzato ma anche “neutralizzato”, trasformandosi in un simbolo di
superficialità e frivolezza femminile (quante volte nel linguaggio comune avete sentito
dire: ”Fai la civetta” a una donna che prova ad attirare l’attenzione di un uomo?).

Avendo nominato Atena e Lilith, ritengo doveroso citare un'altra divinità associata a
quest’animale, ovvero Blodeuwedd.
Nella mitologia celtica è sia la Fanciulla Fiore sia la Dea Civetta, creata dai fiori ad opera
di Math e Gwydion, come moglie per il giovane Llew Llaw Gyffes.
In questo mito, che come altri mostra i poteri dell’antica Dea rovesciati dai pretendenti
maschi, la civetta è associata alla Dea nel suo aspetto Oscuro, colei che porta iniziazione
e saggezza attraverso il dolore.

SERPENTE




Animale che rappresenta l’infinito, il ciclo della vita e della morte, la trasformazione e la
rinascita, è l’animale della metamorfosi per eccellenza ma anche dell’immortalità.
Questo perché non solo muta la sua pelle, ma depone uova: simbolo di vita e di
abbondanza, di creazione e di rinascita, in numerose mitologie un uovo primordiale,
embrione e germe di vita, è il primo essere a emergere dal Caos (inteso come condizione
primordiale che contiene la potenzialità di tutte le cose esistenti).
L’uovo è il principio da cui nascono tutte le cose, il due volte nato, portando in
manifestazione ciò che prima era solo allo stato potenziale.
Alcuni studiosi, analizzando i miti della creazione che hanno per protagonista un uovo
primordiale di uccello o colomba (animale associato ad Afrodite e alla Grande Dea),
hanno ipotizzato che l’originale era un uovo di serpente (esempio il mito della creazione
di Eurinome e Ofione).

Per evidenziare il ruolo simbolico del serpente, è necessario citare l’immagine serpentina
presente nella letteratura alchemica, l’Uroboros, il serpente che mangia se stesso,
indicante l’infinito che crea l’infinito in un ciclo senza inizio e senza fine, la
trasformazione pura (come descritto nella legge di conservazione dell’energia, legge non
solo della chimica e della fisica ma anche della pratica magica: “nulla si crea, nulla si
distrugge ma tutto si trasforma”)

Associato all’animale mitologico del Drago, condividono molti elementi simboli e anche,
purtroppo, la stessa rovina.
Questo perché, in Occidente, entrambi sono stati demonizzati dal cristianesimo.
Sono molti gli episodi e le iconografie che riportano di santi e cavaliere che uccidono
draghi malefici, come nel caso di San Giorgio, cosi come famoso è l’episodio di Lucifero
(secondo alcuni studi Lilith) che prende le sembianze di un serpente nel giardino
dell’Eden per far cadere Eva e Adamo nel peccato (che poi, che peccato è quello di voler
conoscere ed essere liberi?).

Sia chiaro un dettaglio importante: le radici di questa visione negativa del drago e del
serpente in Occidente, hanno origini ancora prima del Cristianesimo, in diverse mitologie
pagane “inquinate” da una visione più patriarcale.
L’esempio di quello che scrivo, è nella mitologia greca: vari sono i miti in cui una divinità
o un eroe sconfiggono un enorme serpente o drago, testimoniando un passaggio di
cultura e religione da una visione più matriarcale a una più patriarcale.
Un esempio è nel caso di Apollo che, dopo aver ucciso Pitone (figlio/a di Gea, custode del
tempio di Delfi), si sostituì al culto precedente costringendo la sacerdotessa lì presente a
prendere il nome di Pizia e a servirlo, trasformando il luogo in un centro oracolare.

Fonti:
-Sirene di Skye Alexander;
-La via della sacerdotessa del mare di Louise Tarrier;
-La magia con la Natura di Laura Rangoni;
-Sciamanesimo Celtico di Jonh Matthews;
-Il linguaggio della Dea di Marija Gimbutas;
-Animali di potere di Nicki Scully;
-Ricerche e appunti personali sviluppati negli anni.