Il Blog del Tempio della Grande Dea
Simboli Sacri

I Simboli Sacri di Afrodite (Seconda Parte)

Articolo di Marco Morgana Vettorel

CONCHIGLIA



Struttura ed elemento naturale che protegge e sostiene molluschi e altri animali dal corpo molle, ha da sempre accompagnato la storia dell’uomo venendo impiegata per molti scopi quali ad esempio la costruzione di armi, decorazioni, monili, strumenti musicali e persino come moneta.

Questo utilizzo ha fatto si che venisse impiegata anche a scopi magici, come catalizzatore dell’elemento Acqua e del mare stesso, simbolo di purificazione e rinnovamento, protezione e amore, sentimenti, prosperità e fertilità.

Aperta.

Secondo alcune versioni olimpiche del mito e secondo gli inni omerici che riguardano la nascita di Afrodite (o per meglio dire il suo arrivo sull’isola di Cipro, come rappresentato anche nel più famoso quadro di Sandro Botticelli), la Dea emerge dalla bianca spuma del mare su una conchiglia che rivela la sua perla: Afrodite stessa.
Una conchiglia d’ostrica dunque, da sempre ritenuto un mollusco che non solo evoca, attraverso la sua forma e la sua conchiglia, l’immagine della vagina ma anche a cui sono state attribuite proprietà afrodisiache (anche se non esistono prove scientifiche a riguardo).
Nel tempo molti sono gli autori che hanno sostituito l’immagine della conchiglia d’ostrica con quella della conchiglia di capasanta, proprio come nel caso del quadro di Botticelli, eleggendola emblema della Dea Afrodite/Venere (anche se è divenuta un simbolo caro al cristianesimo, cara a San Giacomo e al pellegrinaggio nella città di Santiago de Compostela).

A forma di Yoni.

Conosciuta come conchiglia di ciprea, della famiglia delle Cypraeidae, hanno da sempre attratto la curiosità dell’essere umano dalla preistoria a oggi e sono state utilizzare per secoli non solo a scopo ornamentale e magico ma anche come moneta di scambio, per lungo tempo, in Oceania, Africa e Asia (anche in Europa, per un certo periodo).
Diffuse in tutti i mari del mondo, contiene almeno 250 specie conosciute; bellissime, lisce e lucenti, venivano anche definite “porcellane” proprio per queste loro caratteristiche naturali, che le rende simili al materiale ceramico.
Come accennato in precedenza, oltre ad essere largamente utilizzate come ornamento antichissimo, per confezionare collane, bracciali e mostrare lo status sociale di chi le indossava, hanno assunto nel corso dei secoli un significato magico e propiziatorio, legato alla fertilità, la riproduzione e la vita stessa, venendo impiegate come amuleti e talismani.
Presso le popolazioni africane, ad esempio, vengono usate per adornare statue e feticci sacri o magici, oppure a scopo divinatorio (anche se a questo scopo sono più famose e usate le conchiglie cauri ovvero la cypraea moneta, come nel gioco dei buzios).

LINGAM


Presso la religione induista con il termine sanscrito linga, reso anche come lingam, ci si riferisce a un oggetto dal forte richiamo fallico, considerato una forma del dio Siva-Shiva (una tra le divinità maschili più antiche e importanti dell’India antica e moderna).
Se la sua etimologia è ancora da definire con certezza, motivo di confronto aperto tra gli studiosi, il suo significato è molteplice: oltre che indicato come organo maschile e fallo, viene tradotto come segno o marchio, un simbolo divino per la venerazione della sessualità e del sacro.

Visto l’argomento, ritengo doverosa una precisazione: a livello di anatomia maschile, è giusto dire che ogni maschio possiede per natura un pene ma non un fallo poiché con questo termine s’indicano i vari monumenti, totem, immagini e amuleti a forma di pene utilizzati nelle varie culture per venerare la potenza del membro maschile eretto.

Nel corso della storia e dei secoli molti popoli adottarono il fallo (e iniziarono ad adorarlo) come simbolo mistico di potenza sessuale, fertilità, estasi, piacere ma anche di protezione. Un esempio lo ritroviamo nella cultura e mitologia greca e romana.

Sono numerosi i ritrovamenti, soprattutto a Pompei e dintorni, di ciondoli o decorazioni dal simbolismo fallico, impiegati come amuleti e talismani per respingere il malocchio o incantesimi di magia nera, rispedendoli al mittente.

Oltre a ciò, tralasciando miti olimpici in cui il fallo, evirato o meno, viene citato, troviamo la figura del dio Priapo.
Mai considerato un dio olimpico dalle altre divinità, a causa del suo tentativo di stuprare Estia, è un figlio di Afrodite (il padre, in base ai diversi miti, sembra essere Dioniso oppure Ares, Adone o altri dei) e, mentre si trovava nel ventre della Dea, venne maledetto da Era che voleva vendicarsi del giudizio di Paride.
Con la sua maledizione gli diede un aspetto grottesco, con il pene e il glande particolarmente pronunciati.
Il culto del dio è antico, risalente sicuramente ai tempi di Alessandro Magno, ripreso poi dai greci e dai romani.
Grazie al suo aspetto venne associato ai riti orgiastici e dionisiaci, oltre che alla fertilità e alla potenza maschile, alla vita e al piacere ma, oltre ciò e forse grazie a ciò, il suo culto venne anche associato all’agricoltura e alla protezione di bestiame e campi. 
Spesso infatti, cippi di forma fallica venivano usati per delimitare i confini e per chiedere la benedizione del dio.

Un altro simbolo antico e famoso, derivato dal lingam, è la croce a T, conosciuta croce Tau.
Questo simbolo era noto in Europa già dall’Età della Pietra, molto prima che i cristiani, a causa della somiglianza con la croce su cui fu giustiziato Gesù, lo adottarono come loro simbolo.

Il simbolo dell’axis mundi è un'altra manifestazione del sacro lingam, l’asse verticale, l’asse del mondo, presente in più religioni e mitologie (ad esempio l’albero dell’Yggdrasil presso i popoli scandinavi o Irminsul per i Sassoni), che collega il mondo del Cielo con il mondo di Mezzo e con gli Inferi, permettendo a chi lo conosce di salire e scendere tra i mondi (come la figura dello/a sciamano/a attraverso il viaggio sciamanico).

UNIONE YONI E LINGAM


Presso molti popoli antichi, l’atto sessuale non veniva considerato solo un atto riproduttivo ma una delle manifestazioni più profonde della spiritualità e del contatto con il sacro.
Con l’evolversi della società e con l’arrivo delle odierne religioni ufficiali (come ad esempio il cristianesimo), l’atto sessuale fu demonizzato, visto come un qualcosa di peccaminoso e di diabolico, da utilizzare con cautela solo per la riproduzione, senza trarne piacere (soprattutto la donna).
Questo perché molti credi monoteistici concepirono il sesso come un male necessario, doveva avere solo finalità riproduttive ed essere lecito solo a certe condizioni e all’interno di certi sacramenti stabiliti dalle varie liturgie.
In realtà, e questo concetto è rimasto vivo nella disciplina del Tantra, l’unione sessuale è uno degli strumenti più potenti e antichi non solo per sperimentare il desiderio ma anche per connettersi con la divinità attraverso l’unità sacra tra maschile e femminile. 
Da sempre, in diverse culture e popoli, questo concetto è stato trasmesso ed enfatizzato dall’uso del simbolo.

Un esempio famoso è l’Ankh o “Croce Ansata”, simbolo che esprime l’unione tra il maschile e il femminile nell’atto della riproduzione, proveniente dai tempi dell’antico Egitto ed in uso da tempi più remoti.
È una croce composta da due parti: una a forma di cappio/cerchio che rappresenta la yoni (il principio femminile), e una a forma di T, la croce Tau, che rappresenta il sacro Lingam (il principio maschile).
Simbolo della vita per eccellenza (non per niente veniva anche chiamata “chiave della vita”), dell'unione dei due principi cosmici ma anche l'unione mistica tra il cielo e la terra, tra il mondo divino e il mondo umano, è un simbolo di immortalità dell’anima, la chiave che permette la rinascita, il seguire il ciclo eterno dell’universo.
In epoca romana ha influenzato il simbolo della mano o specchio di Venere, assumendo un nuovo significato come chiave di conoscenza, strumento che permette di esplorare se stessi, curarsi, amarsi.

Un altro esempio famoso è il simbolo dell’Esagramma, conosciuto anche come “Stella di Davide”, composto da due triangoli equilateri: uno con il vertice rivolto verso l’alto (principio maschile) e uno che punta verso il basso (principio femminile).
In questo simbolo ritroviamo il concetto di integrazione, di unità sacra, la totalità del cosmo (i quattro elementi, Fuoco e Acqua ma anche Aria e Terra) uniti in un'unica forma e rappresentazione, oltre all’assunto “come sopra, cosi sotto”.
Questo simbolo, grazie alle sue forma armoniosa e piacevole agli occhi, fu spesso utilizzato in architettura come elemento decorativo.
Anche in alcuni rituali neopagani troviamo il concetto dell’unione sacra tra yoni e linga, ad esempio nel rito del “Matrimonio sacro”, un rituale celebrato nella Wicca attraverso l’uso dell’athame, simbolo del Dio, che viene immerso nel calice colmo di vino rosso (simbolo della dea), diventando un'unica essenza e un unico potere, un rito moderno che trova le sue radici negli antichi rituali delle nozze sacre praticate nel mondo antico, dai celti ai greci, in cui il sacerdote e la sacerdotessa, posseduti dalla divinità, si accoppiavano portando fertilità su tutta la terra.

Parlando di Afrodite e di unione tra maschile e femminile, è necessario scrivere anche del suo epiteto di Aphroditos.
Precorritrice nell’esplorazione del sesso e della sessualità, sua Regina e Signora, poteva assumere le sembianze di un uomo.
A testimonianza di ciò, ad Amatunte, uno dei suoi principali santuari sull’isola della Dea, l’isola di Cipro, è stata scoperta una statuetta di Afrodite con una folta barba.
Ci fu un vero e proprio culto su Afrodite maschio (Aphroditos) e Afrodite femmina (Aphrodite), probabilmente derivante dal culto orientale di Innana, Ishtar e Astarte, in cui i sacerdoti erano a volte androgini o intersessuali.
Secondo alcune visioni olimpiche, visto la sua nascita, la Dea conservava dentro di sé i genitali evirati di Urano.

Tutto ciò potrebbe essere un ricordo e una testimonianza del suo aspetto quale Dama di Lemba, quando la Dea era vista come maschile e femminile in un unità sacra, forza della vita stessa che alimentava ogni cosa, la Signora dagli infiniti volti a rappresentare non solo le molte potenzialità del mondo ma anche i svariati modi di amare e sentire, testimoniando la natura non binaria del sesso e del desiderio.
Lo stesso termine “ermafrodito” deriva da un mito greco che vede, attraverso l’unione di Afrodite con Ermes, la nascita di un figlio talmente bello che, su richiesta agli dei da parte della naiade Salmace, si fonde con lei in un'unica divinità dotata sia di caratteristiche sessuali maschili, sia femminili.

ONDE (CAVALLONI)


Da sempre le onde del mare non solo cullano l’essere umano, portando tranquillità e serenità attraverso il loro suono e la loro vista, ma anche divertimento e felicità. 
Nonostante questi aspetti, come il mare stesso, celano un lato oscuro e possono essere molto pericolose. 

Le onde si formano a causa dei venti che, scorrendo sulla superficie del mare, cedono parte della loro energia cinetica e quantità di moto allo strato superficiale dell'acqua. Ogni strato di acqua in movimento tende a trascinare con sé lo strato inferiore che si muove a velocità più bassa e contemporaneamente rallenta. E' il fenomeno dell'attrito viscoso. Nel caso specifico dei cavalloni, ci si riferisce ad una o più grosse onde marine, potenti e impetuose.

Associate alla Dea Afrodite poiché non solo elemento del mare, suo corpo ma anche, secondo alcune versioni del mito greco, luogo della sua nascita, colei che nasce dalla spuma del mare, sono state stilizzate dall’uomo primitivo con l’immagine dello zig-zag o con una linea serpentina, divenendo il simbolo del movimento per eccellenza, della fluidità e della trasformazione, legato all’infinito scorrere della natura, all’eterno ciclo di vita, crescita, morte e rinascita.
Un elemento naturale che sollecita la meditazione, lo stato di trance e la visione.
Una porta alchemica che apre la vista interiore e le proprie percezioni al passato e al futuro, per ottenere risposte.

Per conoscere meglio questo elemento e simbolo, vediamo due elementi specifici:

Sciabordio delle Onde

Con questo termine si intende il rumore dei liquidi che urtano contro un ostacolo.
Nel caso del mare, si riferisce al suono delle onde quando s’infrangono sugli scogli (il suono del mare è noto a tutti come rumore bianco).
Un suono che, come accennato in precedenza, viene impiegato come elemento di meditazione e di trance, per facilitare il rilassamento o l’introspezione.
Un suono che annuncia l’arrivo della Dea, la sua presenza, che libera dalle oppressioni e offre libertà ed espressione autentica, trasportando in epoche e tempi diversi.

Capelli lunghi ed ondulati che richiamano le onde

Sono tante le storie e leggende di marinai che riportano e testimoniano di avvistamenti di lunghe trecce di capelli galleggiare sulle onde del mare oppure di capelli lunghi che avvolgono i corpi delle sensuali sirene come alghe.
Fin da tempi antichi i capelli di una donna stati considerati tra i suoi attributi più seducenti, al punto tale che, con l’arrivo delle religioni patriarcali e della chiesa cattolica, gli uomini richiedevo che le donne si coprissero il capo durante le cerimonie, per esempio la messa, per non disturbare e tentare gli uomini.
Ancora oggi le testimonianze abbondano: dalle donne mussulmane che devono coprire il proprio corpo il più possibile, alle suore cristiane che devono tenere i capelli corti e coperti dal velo, fino alle monache buddiste che devono addirittura radere il capo. Esistono purtroppo ancora svariate testimonianze di questa imposizione come ad esempio presso le donne ebree, le donne amish e altre società conservatrici.
Presso molti popoli antichi, pettinare i capelli era un atto magico, un rito di cura e accrescimento di forza e potere, sia per maschi sia per femmine.

Nella figura della Sirena sopravvive questo retaggio: viene spesso rappresentata nell’atto di specchiarsi o di pettinare i suoi lunghi capelli, fortificando il suo potere e purificandosi al tempo stesso dalle negatività (i nodi) accumulati.
Tutto questo ha anche un richiamo legato al desiderio e all’eros, motivo della sua demonizzazione da parte delle culture successive.
Infatti il pettine associato alla Sirena e alla donna ha forti implicazioni sessuali poiché le parole greche per pettine, kteis e pectina, significano proprio vulva.

SIRENE E LORO CANTO


La Sirena è una creatura bellissima, metà donna e metà pesce, immortale, figlia del mare, che passa le sue giornate a cantare con la sua voce melodiosa, attirando a sé i marinai mentre se ne sta seduta a guardare il mare oppure a farsi ancora più bella, osservando il proprio riflesso dal suo specchio mentre si pettina i capelli.
La Sirena è la Dea e il mare stesso, figura liminale, divisa tra due mondi, che ha in sé sia l’oscurità che la luce.

Misteriosa, seducente, magica, la sua bellezza è magnetica, affascinante e inquietante come il mare. Lei possiede il dono di vedere il futuro, di esaudire i desideri dei mortali a suo piacimento, così come di guarire gli umani (o affogarli, sempre secondo ciò che la aggrada).

Il suo canto, così come il suo fascino, crea e distrugge, può creare magia e dare sollievo oppure sedurre chi lo ascolta portandolo alla morte.
È unico eppure sempre diverso, ha vita propria, appartiene a lei soltanto giacché contiene la sua più vera e profonda essenza, la sua Anima.
È magia pura e primordiale che porta gioia e pazzia in ugual misura.
Lei è l’Amante, l’incantatrice, simbolo femminile di mistero e libertà, espressione autentica e fedele di se stessa.

Come accennato in precedenza, la Sirena è descritta con la metà superiore del suo corpo da donna, a seno nudo e florido, simbolo che testimonia il suo potere di Dea dispensatrice di doni e Amante mentre, la metà inferiore del suo corpo, dalla vita in giù, di pesce, simbolo della sua parte primitiva, della sua natura più antica e selvaggia, indomita.

Sia chiaro, per amore di correttezza storica e iconografica, che la Sirena non è stata rappresentata da sempre con una sola coda di pesce (delle volte veniva e viene rappresentata bicaudata, con due code aperte, richiamo alle antiche dee come la Sheila-na-gig che, con le mani, divarica le gambe mostrando la vulva, divenuto tra le altre cose simbolo iconico di Starbucks, per chi non lo sapesse o non ci ha fatto caso). L’interpretazione come figure femminili per metà pesce risale all’epoca medioevale, utilizzate come emblema di lussuria e di vanità, un simbolo perverso utilizzato come monito per i fedeli a non cadere nel peccato della carne.

Nella mitologia e religione greca la Sirena veniva descritta e rappresentata come metà donna e metà uccello. Per la precisione, testa, seno e braccia di donna, ali e corpo di uccello, dotata di un canto seducente e una lira. Simili alle arpie, erano descritte come spiriti del mare, associate anche alla morte e al Fato, coloro che si muovevano tra Scilla e Cariddi, antico richiamo alle dee uccello del Neolitico.

Per di più, si cita anche a figure maschili metà maschi e metà uccelli (cosi come troviamo i tritoni: metà maschi e metà pesci).

La Sirena, in una forma o nell’altra, è presente in più mitologie, culture, religioni, storie e tempi. Il più delle volte, le storie che la vedono per protagonista, raccontano della sua pericolosità, o come per le sue sorelle selkie, di tragedie d’amore, sacrificio e dolore. Questo perché Lei esaudisce i desideri degli uomini, dei suoi amanti ma, cosi facendo, spesso sacrifica ciò che le è più caro: se stessa e la sua libertà, il suo potere.

Spirito d’indipendenza, desiderio, sessualità e del mare, la sua natura è di vivere in due mondi diversi che faticano a conciliarsi, portando conflitto e sofferenza ma, proprio per questo, insegna l’importanza di superare i limiti, di conciliare gli opposti tornando all’unità.

La Sirena ci insegna a vivere in libertà, a riconoscere la propria natura attraverso il suo sacro specchio, a superare i limiti imposti e a nuotare, seguire la corrente verso il piacere, esprimendo e godendo del proprio canto, dei propri doni, della propria natura, districando via ogni nodo e ostacolo.

Per riuscire in ciò, non solo insegna anche a fare i giusti sacrifici per inseguire l’Amore, ma porta con sé il dono della trasformazione e della magia, della Sacra Vista sul passato, presente e futuro, il dono dell’onniscienza e della visione.
Non è semplice spiegare l’etimologia del nome Sirena e le ipotesi sono molteplici e non sicure.

Alcuni hanno ricollegato il nome con la radice semitica sir ("canto"), altri al greco "fune, corda" (poiché la sirena è colei che seduce, lega, imprigiona), altri ancora a "ciò che brilla”. Nella lingua inglese, mermaid, deriva da “mere” che significa laghetto o stagno.

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