Le storie delle nonne
Le mie nonne mi hanno dunque raccontato le storie delle Vile che abitano le colline. Fanciulle e talvolta bambine dai lunghi capelli neri, rossi oppure biondi, abbigliate in lunghi ed eterei abiti e dotate talvolta di piedi caprini. Numerosi gli avvistamenti e anche le conseguenti morti. Sì, perché non bisogna raccontare di aver incontrato le Vile prima del sorgere di un nuovo sole, pena una lunga malattia che conduce alla morte. Come il musicista che, tornando da una festa con il suo violino, passando per il bosco viene avvicinato dalle Vile e condotto in una radura. Trascorre ore a suonare e a cantare per quelle splendide creature, incredulo di tanta energia -aveva appena trascorso un'intera giornata a una festa. Una volta rincasato, racconta alla moglie l'accaduto. Lei si scurisce in volto e gli raccomanda di coricarsi. Sa cosa li aspetta. All'alba, il marito è in una situazione critica, ha la febbre alta, delira. Trascorre in quel modo diversi giorni, mentre la moglie prega per lui, ma il musicista muore dopo una lenta agonia.
Ho ascoltato storie simili dappertutto, dall'Irlanda al nord-est d'Italia, eppure la vicenda che vi ho appena narrato è realmente accaduta a un signore che le mie nonne conoscevano bene, più o meno sessant'anni fa.
La danza magica delle Vile
Più a sud, in Serbia, è nota una danza magica delle Vile chiamata Vrzino kolo, o Vilino kolo, o ancora Vilinsko kolo. Kolo significa cerchio, ma è anche il nome della danza circolare e tradizionale slava. Si ritiene che venga ballata nei luoghi magici sia dalle Vile che dalle altre creature della demonologia pagana slava, come i Dèmoni (naturalmente non i demòni cristiani) e le Ale. Il significato di tale danza circolare è mutato nei millenni, tanto che è difficile risalire alla sua origine più autentica, tuttavia è certo che si tratti di una danza magica, iniziatica e talvolta caotica.
Nel “Dizionario serbo” del 1818, l'etnografo, linguista e scrittore Vuk Karadžić ha inserito una versione molto interessante del Vrzino kolo, rinvenuta nelle sue lunghe indagini sul territorio. Alla fine del dodicesimo anno di scuola, dodici studentesse e studenti si radunano per danzare un Vrzino kolo. A un certo punto di fermano, leggono un misterioso libro e uno dei fanciulli scompare, portato via da una Vila, oppure da un Dèmone. Ancora oggi, di una ragazza o un ragazzo che studia molto, si dice che “E' stato al Vrzino kolo”. Comunque, la fanciulla o il fanciullo rapito, da quel momento si chiama Grabancijaš e accompagna le Vile o i Dèmoni che portano le nuvole delle tempeste, delle piogge e della grandine. Da qui proviene un altro detto, riferito a chi appare spettinato e disordinato: “E' disordinato come un Grabancijaš“.
Le leggende delle fate slave
Ho citato il nord-est d'Italia perché, al confine con la Slovenia, le Vile sono ben note. In tutto il Carso si trovano le leggende delle fate slave, fanciulle dai piedi equini che vivono nelle caverne e si radunano nei boschi, o vicino alla fonti. Lavorano a maglia, ricamano con fili d'oro e d'argento e secondo alcuni possono trasformare il carbone e le pietre in oro e argento. Temono il suono delle campane e gli spari di fucile e hanno un rapporto ambiguo con gli umani: apprezzano gli artisti e i coraggiosi e le donne belle che, come loro, si dedicano al canto e al ricamo. L'acqua in cui si bagnano guarisce le ferite e le malattie.
I luoghi delle fate slave
Troviamo diversi toponimi legati alle fate slave: Vila e Vilenica (si legge Vìlenitza) presso Corgnale (Lokev), dove si ritiene che abitino. Le Vile delle caverne sono buone, oltre che belle, e aiutano coloro che ne hanno bisogno.
C'è poi la Grotta delle Fate, interpretata in una stampa antica come un luogo popolato da creature pietrificate. Anche l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe volle visitarla nel 1816.

Infine, sui grandi bastioni del monte Triglav (Tricorno), si ricorda che le Vile curano un giardino magico nel quale fiorisce la Rosa del Triglav (lat. Potentilla nitida).

Gli uomini non possono entrare in quel luogo eternamente fiorito: questo terreno è custodito da camosci magici e dal loro capo, Zlatorog (Corna d'oro). Se un mortale cercasse di strappare una di queste rose, i camosci rovescerebbero dei massi dalle rocce più alte, mentre dalle corna di Zlatorog uscirebbero dei lampi.

Eppure c'è anche un'altra versione delle Vile, che mi hanno raccontato le mie nonne: sono gli spiriti di fanciulle e bambine morte prima del matrimonio, in incidenti, oppure per morte violenta. I loro candidi spiriti puri sono tornati alla purezza del bosco, dove risiedono eternamente nella bellezza e nella quiete. E chi scava ancora più a fondo, può scoprire molta più violenza ancora, ma questa è una versione che vi racconterò un altro giorno, perché dobbiamo spostarci in Friuli Venezia-Giulia, tra le Agane, le fate dell'acqua.
Nataša Cvijanović
Grazie, cara Nataša, per i tuoi preziosi contributi!