Il Blog del Tempio della Grande Dea
Creature Sacre e Dee

Le Creature Sacre ad Afrodite dell’Acqua

Articolo di Marco Morgana Vettorel

Divinità più sfaccettata e complessa di quanto è stato raccontato dal patriarcato, Afrodite
è una Dea dalla storia ingarbugliata ma affascinante, riflesso dei cambiamenti dell’uomo
stesso e delle sue società e strutture.

Regina del sole e della luna, del cielo, della terra e del mare, lei è il mare stesso: il suo nome significa infatti “nata dalla spuma” (aphròs in greco vuol dire appunto “schiuma”) e, nelle versioni più antiche del suo mito, nasce da se stessa per partenogenesi.
Successivamente nel mito della sua nascita elaborato e tramandato dal patriarcato, nonostante l’aggiunta della crudeltà e della violenza (attraverso l’azione di Crono che mozzò il pene eretto di Urano e lo gettò in mare), rimane presente l’elemento acqua quale testimone, nonostante i secoli, dell’antico legame tra la Dea e il mare stesso. Afrodite è infatti la Signora del mare e di tutte le acque, onorata come Anadiomene, Cipride, Pontia, Limenia, Thalassa, Pelagia, Margarete.

Perla del mare oltre che mare stesso, vista la sua nascita marina e la sua natura, Afrodite era ritenuta anche la protettrice dei marinai e della buona navigazione, e molti dei suoi santuari venivano eretti presso porti e città portuali.

Analizziamo il significato delle creature associate ad Afrodite quale Signora dell’acqua:

Sirene



Antichi e immortali spiriti del mare, metà donna e metà pesce, presenti in diverse culture, mitologie, religioni, storie e tempi in tutto il mondo, sono tra le più famose creature del mare.

L’etimologia e il significato del nome Sirena è incerta, argomento di confronto e studio continuo, con molteplici e non sicure ipotesi. Alcuni studiosi hanno ricollegato il nome con la radice semitica sir (“canto”), altri al greco “fune, corda” (poiché la sirena è anche l’ammaliatrice, colei che incanta e imprigiona), altri ancora a “ciò che brilla”.
Nella lingua inglese, mermaid, deriva da “mere” che significa laghetto o stagno. A differenza di quello che si crede, la Sirena non sempre è stata rappresentata metà donna e metà pesce.

Presso la religione e mitologia della Grecia antica per esempio, veniva descritta e rappresentata come una creatura metà donna e metà uccello, per la precisione con la testa, il seno e le braccia di donna mentre ali e corpo di uccello, dotata di un canto irresistibile e una lira per accompagnarlo, seducendo i marinai. La sua immagine come la conosciamo oggi, dotata di coda di pesce, proviene dall’epoca medievale; considerata emblema di vanità e lussuria, era utilizzata come elemento decorativo all’ingresso di alcune chiese, come monito per i fedeli a non cedere al peccato e ai piaceri della carne.

L’immagine più utilizzata della Sirena, era quella bicaudata ovvero dotata di due code (divenuta simbolo iconico di Starbucks, per chi non lo sapesse o non ci ha mai fatto caso), discendente di un'altra immagine utilizzata spesso nel medioevo ma di origine più antica, una donna che aiutandosi con le mani, divarica le proprie gambe mostrando la sacra Yoni: la Sheila-na-gig.

La Sirena bicaudata mostra con fierezza la propria Yoni, sfida e invita ad attraversare la sua porta per scendere nelle oscurità più profonde per trovare i propri tesori da portare in superficie.

Come detto in precedenza, la Sirena è stata descritta con la metà superiore del suo corpo da donna, a seno nudo e florido (simbolo che testimonia anche il suo potere di Dea, iniziatrice e nutrice) mentre, la metà inferiore del suo corpo, dalla vita in giù, di pesce (testimone della sua parte primitiva, della sua natura indomita e selvaggia).

Antico richiamo delle dee uccello e delle dee pesci e acquatiche del Neolitico, Lei è la Dea e il mare stesso, una figura liminale, divisa tra due mondi, che ha in sé sia la luce che l’oscurità.

Come il mare, può essere dolce o spietata, bella o spaventosa, come più le aggrada.
È magia pura, dotata di un canto melodioso che contiene la sua anima, la sua parte più vera e profonda e con il quale intesse incantesimi per manifestare il suo volere, creando e distruggendo, plasmando la realtà intorno a lei.

È autentica, magia pura e primordiale, fedele a se stessa e simbolo di amor proprio. Dedica le sue giornate al piacere, pettinandosi i suoi lunghi capelli, ondulati come le onde del mare, con il suo sacro pettine per districare via ogni nodo e al tempo stesso, ricorrendo all’antica magia, per alimentare la sua forza e il suo potere. Al contempo, osserva il suo splendido riflesso nello specchio che porta con sé, portando luce riflessa nei suoi luoghi più bui, dedicandosi all’introspezione ma anche, se lo desidera, per conoscere le trame della vita, viaggiare tra i mondi e vedere il passato, presente e futuro.

Ninfe d’acqua



Hylas and the Nimphs(1896, Ila e le ninfe) di John William Waterhouse.

Nell'antica religione greca, la ninfa era una creatura immortale e sacra, rappresentata come una giovane e bella ragazza, protettrice di un luogo o al seguito di una divinità, una potenza divina dei boschi, delle acque, legata dunque alla natura di cui fa parte.

Il termine ninfa sembra derivare dal greco antico, per la precisione dalla parola greca “nýmphe” che significa "fanciulla". Questa parola per di più, ha la stessa radice del verbo latino “nubere” ovvero "prendere marito" (da cui la nostra "nubile").

Come accennato in precedenza, spesso le ninfe sono state descritte come appartenenti al corteo di alcune divinità, per esempio la dea Artemide (sue compagne, ancelle, dotate come lei di una bellezza incomparabile) ma anche come danzatrici armoniose che muovono i loro corpi trasportate dalle note del flauto divino suonato dal dio Pan, nel profondo dei boschi.

La mitologia greca descrive ed elenca molte ninfe, il cui aspetto di bellissime fanciulle eternamente giovani attirava molti mortali, divinità ed eroi.
Oltre a ciò, vi è un’immensa varietà di miti che le descrivono come protagoniste o come vittime del desiderio altrui; tra questi racconti le troviamo accostate ai satiri che, invasi dalla passione, avevano pochi scrupoli nei loro confronti (da questi racconti proviene il nome moderno “ninfomania”, oggigiorno sostituito dal termine di “ipersessualità”, ovvero un bisogno patologico, ossessivo e di dipendenza nei confronti del sesso).

Tra queste entità, troviamo le ninfe dell’acqua, creature che vivono nei fiumi, nelle sorgenti o nei laghi, descritte come spiriti benevoli dell’acqua dolce e dall’aspetto di giovani ragazze, capaci di esaudire i desideri dei mortali. Sono richiami ed echi, delle antiche dee delle sorgenti e dei pozzi sacri, simili a fate e istintive.

Nella mitologia greca troviamo tre diversi tipi di ninfe d’acqua: le Nereidi, le Naiadi e le Oceanine.

Le Nereidi sono presenti nelle acque del Mediterraneo e, secondo la mitologia greca, sono
creature marine figlie di Nereo e della Oceanina Doride.
Considerate creature immortali e di natura benevola, facevano parte del corteo del dio Poseidone insieme ai Tritoni (sirene di sesso maschile) e venivano rappresentate come fanciulle con i capelli ornati di perle, a cavallo di delfini o cavalli marini. Grazie a diversi scrittori dell’antica Grecia, ad esempio Esiodo o Omero, abbiamo diversi elenchi con i nomi delle varie Nereidi.

Le Naiadi, in greco antico “Naiádes”, da "fluire" e "acqua corrente") sono figure della mitologia greca che vivono presso fontane e sorgenti. Loro presiedono a tutte le acque dolci della terra e possiedono facoltà guaritrici e profetiche (sia chiaro però che bisogna prestare attenzione a come utilizzare le loro acque e ad avere rispetto, perché secondo il mito possono punire chi profana i loro luoghi con la manifestazioni di malattie particolari). Proprio per questa loro caratteristica, soprattutto presso i contadini, potevano vantare di avere un culto tutto loro.

Non tutte immortali (alcune di loro sono ninfe mortali), la mitologia greca le distinguevano in Potamidi (ninfe dei fiumi), Pegee (ninfe delle sorgenti), Crenee o Creniadi (ninfe delle fontane), Limniadi (ninfe dei laghi) ed Eleadi (ninfe delle paludi).


Les Oceanides, di Gustave Dore, 1860

Figlie del titano Oceano e della titana Teti, le Oceanine erano considerate come dee delle acque e dei mari, molto potenti e personificavano le acque correnti, ossia ogni corrente marina o grande fiume.

Anche in questo caso, grazie ad alcuni scrittori dell’epoca come Esiodo, abbiamo elenchi con i nomi delle diverse Oceanine e i loro significati.

Ondine



Ondina di Adolf Hiremy Hirschl

Dal latino “unda”, che significa “onda”, sono divenute gli spiriti (elementali) per eccellenza dell’elemento Acqua nell’alchimia, nella magia e nel neopaganesimo, grazie al lavoro dell’alchimista Paracelso e non solo.
Amanti della compagnia degli esseri umani, sono descritti come spiriti che possono assumere la forma della spuma delle onde o delle increspature (piccole onde che muovono la superficie calma dell’acqua, come una corrente) quando non soffia il vento e, al mattino presto o al crepuscolo, possono rivelarsi all’occhio umano, intente a danzare sull’acqua.
Descritte come figure dall’aspetto etereo, dotate di un canto meraviglioso, quando appaiono con sembianze simili all’uomo, sono dotate di una splendida bellezza, con chiome fluenti e lunghe, decorate di perle e gemme, che ondeggiano e si muovono tra le acque.

Simili alla natura delle fate, spiriti della natura liminali tra luce e oscurità, a seconda della zona e della tradizione possono essere pericolose (capaci di affogate gli uomini nei fiumi, dopo averli attirati col canto) o benefiche. Secondo Paracelso erano prive di anima ma potevano guadagnarne una sposando un mortale. Nel folklore germanico, in una storia in particolare, l’ondina è famosa per il suo lato oscuro e terribile.

Il racconto che la vede come protagonista, descrive di come l’Ondina, ninfa dell’acqua, perde il suo amato che la tradisce con un'altra donna. Consumata dall’odio e dalla sete di vendetta, lo maledice per il torto subito in amore, privandolo del suo sonno ma senza pensare alle tragiche conseguenze: anche lei sarà vittima del suo stesso maleficio poiché il suo amore morirà e lei lo perderà per sempre. Con la sua storia insegna come nella vendetta, si può perdere se stessi e il proprio amore.

Anguane



Water Nymphs – A Dream in the Forest di Hans Zatzka

Il folklore veneto e friulano conservano la memoria di uno spirito femminile dell’acqua, l'anguana, una creatura tipica della mitologia alpina, dalle caratteristiche in parte simili a quelle di una ninfa d’acqua del mondo romano (probabile modello originario dell’anguana) e in parte simile all’ondina del folklore germanico.

Conosciute anche come Agane, soprattutto nella zona del Friuli (dove si sovrappongono e confondono con le Krivapete, spiriti naturali delle grotte e delle montagne), o come Bele Butèle (Belle Ragazze), Pagane, Subiane o Longane, sono creature fatate che presentano caratteristiche e nature diverse a seconda delle varie leggende e delle località.

L'antico termine anguana lo si può trovare nel De Ierusalem celesti, opera scritta da Giacomino da Verona nel XIII secolo. Le anguane sono presenti nella celebre, e antichissima, Saga dei Fanes, racconto mitologico delle Dolomiti.

Descritte generalmente come ninfe d’acqua, spiriti della natura che assumono le sembianze di giovani e belle donne in grado di sedurre gli uomini, in alcune località e storie sono descritte per metà donne e per metà rettile o pesce, in grado di lanciare grida molto forti, simili a banshee.

Secondo alcune storie erano spiriti di donne morte di parto, o fanciulle morte giovani, oppure anime di bambine nate morte, oppure ancora donne nate avvolte nel sacco amniotico (le si potrebbe definire, perciò, benandanti al femminile).
In alcune versioni sono vestite di bianco, in altre amano i colori.

Sempre a seconda della tradizione di riferimento, possono assumere aspetti terribili e apparire come anziane magre e spettrali, o figure notturne.
Un tratto comune, che testimonia il loro retaggio antico e selvaggio, è che l’anguana ha sempre uno o più tratti non umani, come ad esempio gambe squamate, piedi di gallina o altri particolari.

Per di più, come le sirene, possono portare fortuna o sfortuna ai pescatori che le incontrano, e abitano presso fonti e ruscelli, proteggendo le acque in cui dimorano.
In alcuni racconti delle origini, hanno insegnato all’uomo diverse arti tra cui l’intaglio, il fare la lana e molte altre attività essenziali per l’uomo antico.
Analizzando alcune storie e tradizioni che le riguardano, si pensa che le anguane potevano essere donne in carne e ossa, dedite ad un culto pagano (fondendone evidentemente il mito con la realtà delle religioni sciamaniste ancora vive in Friuli e in Carnia almeno sino al XVII secolo).
Secondo la tradizione popolare infatti le anguane smisero di mescolarsi con le persone comuni dopo il Concilio di Trento (che tra le varie riforme enfatizzò la demonizzazione della stregoneria e dei culti pagani, sancendo la demonizzazione delle divinità pagane).

Sono diversi i luoghi testimoni della presenza di un culto dell'anguana, ad esempio presso lo Scalfìn dal diaul (Tallone del diavolo), detto anche Cèpp da l'Angua, a Canzo.
Oltre a ciò sono numerosi i luoghi del Triveneto che ricordano le anguane nella toponomastica: grotte, massi, rupi valli.

Selkie



Statua di Selkie a Mikladalur, Isole Faroe - Foto di Esbern-Christiansen


Le selkie, conosciute anche come “roan”, sono donne (ma in alcuni racconti anche uomini) foca del folklore e della mitologia del nord dell’Europa, dalle isole scozzesi all’Islanda.

Il nome deriva dal termine selich della lingua scozzese arcaica, a sua volta derivato dall'inglese antico seolh, che significa semplicemente "foca". Ci sono poi diverse trascrizioni del termine in lingua scozzese, come: selch, selchie, sele, selcht, sealghe, selquh, saylche, selich, selyh, selck, seall, seleché, seilché e selké.

Si trovano diverse leggende sulle selkie ma le storie più diffuse ruotano intorno a personaggi selkie femminili cui è rubata la loro pelle di foca (che quando è nascosta o sotterrata da loro stesse, permette loro di prendere forma umana ma, quando e se rubata da altri, si trovano costrette a restare sulla terraferma).

Il manto delle selkie infatti racchiude la loro vera essenza, la loro anima, la loro magia, al pari del canto per la sirena. È per una selkie necessaria, vitale, perché possano trasformarsi nuovamente in foche e tornare nel loro regno, il mare.
Altre storie narrano di uomini o marinai che s’innamorano di giovani donne, creano una famiglia con loro, e si accorgano troppo tardi di vivere con una selkie che, a causa della sofferenza provata a lungo andare nello stare lontana dalla sua vera natura, sparirà nel nulla abbandonando tutta la sua vita terrena per tornare nel profondo degli abissi del mare.

Le storie che vedono per protagonista i maschi selkie sono ben diverse e descrivono del loro potere di scatenare le tempeste e far naufragare le navi.
Tutte queste storie celano profondi insegnamenti sull’amore e sul non possedere l’amore dell’altro. Rammenta la necessità, anche nelle relazioni più profonde, di avere sempre il proprio spazio e la propria libertà.

La selkie è una figura liminale, divisa tra due mondi e due nature che tenta di riconciliare, simbolo femminile di libertà in amore e dei sani confini, della natura più selvaggia e autentica, della trasformazione di sé e dell’ascoltare il proprio desiderio senza reprimerlo.

Conchiglia



Struttura ed elemento naturale che protegge e sostiene molluschi e altri animali dal corpo molle, ha da sempre accompagnato la storia dell’uomo venendo impiegata per molti scopi quali ad esempio la costruzione di armi, decorazioni, monili, strumenti musicali e persino come moneta.

Questo utilizzo ha fatto si che venisse impiegata anche a scopi magici, come catalizzatore dell’elemento Acqua e del mare stesso, simbolo di purificazione e rinnovamento, protezione e amore, sentimenti, prosperità e fertilità.
Secondo alcune versioni olimpiche del mito e secondo gli inni omerici che riguardano la nascita di Afrodite (o per meglio dire il suo arrivo sull’isola di Cipro, come rappresentato anche nel più famoso quadro di Sandro Botticelli), la Dea emerge dalla bianca spuma del mare su una conchiglia che rivela la sua perla: Afrodite stessa.
Una conchiglia d’ostrica dunque, da sempre ritenuto un mollusco che non solo evoca,
attraverso la sua forma e la sua conchiglia, l’immagine della vagina ma anche a cui sono
state attribuite proprietà afrodisiache (anche se non esistono prove scientifiche a riguardo).

Nel tempo molti sono gli autori che hanno sostituito l’immagine della conchiglia d’ostrica con quella della conchiglia di capasanta, proprio come nel caso del quadro di Botticelli, eleggendola emblema della Dea Afrodite/Venere (anche se è divenuta un simbolo caro al cristianesimo, cara a San Giacomo e al pellegrinaggio nella città di Santiago de Compostela).

C’è una conchiglia che da sempre ha attratto la curiosità dell’essere umano, dalla preistoria a oggi, e che è stata utilizzata per secoli non solo a scopo ornamentale e magico ma anche come moneta di scambio in Oceania, Africa e Asia (anche in Europa, per un certo periodo): la conchiglia di Ciprea, della famiglia delle Cypraeidae.
Diffuse in tutti i mari del mondo, contiene almeno 250 specie conosciute; bellissime, lisce e lucenti, venivano anche definite “porcellane” proprio per queste loro caratteristiche naturali, che le rende simili al materiale ceramico.

Come accennato in precedenza, oltre ad essere largamente utilizzate come ornamento antichissimo, per confezionare collane, bracciali e mostrare lo status sociale di chi le
indossava, hanno assunto nel corso dei secoli un significato magico e propiziatorio, legato alla fertilità, la riproduzione e la vita stessa, venendo impiegate come amuleti e talismani.

Presso le popolazioni africane, ad esempio, sono usate per adornare statue e feticci sacri o magici, oppure a scopo divinatorio (anche se a questo scopo sono più famose e usate le conchiglie cauri ovvero la cypraea moneta, come nel gioco dei buzios).

Foca




Le foche sono mammiferi carnivori adattati alla vita acquatica, che partoriscono la loro prole sulla terra ferma e che vivono principalmente lungo le coste di mari ghiacciati, freddi e temperati, più raramente nei mari caldi e nei laghi.
Le foche sono purtroppo cacciate per il loro grasso e, i cuccioli, per la pelle utilizzata dall'industria conciaria.

Collegate alla figura mitologica delle selkie, presso le isole scozzesi era diffusa la credenza che le foche fossero esseri umani trasmutati e per questo esisteva una certa riluttanza nel far loro del male (oltre a credere che ucciderle potesse portare sfortuna).
A livello spirituale ed energetico, la foca è un animale ricco di significati e lezioni preziose.

Prima di tutto, e visto la società in cui viviamo non è assolutamente una lezione scontata, aiuta a recuperare un’immagine sacra e positiva del proprio corpo.
Con la sua energia insegna non solo ad arrendersi al sacro ma anche a fluire attraverso la vita con grazia e facilità.

Insegna a nuotare seguendo la corrente, piuttosto che affogarci dentro (discorso che vale anche per le situazioni quotidiane, cosi da non affogare in situazioni o pensieri dannosi), insegnando l’ascolto interiore ed esteriore, la cura verso se stessi e il rispetto.
Aiuta a scoprire la propria e vera natura, a integrare l’immaginazione con l’intelletto e a essere autentici e integri.

Con le sue caratteristiche e i suoi miti, ricorda la necessità dell’armonia tra le forze opposte, l’unità sacra, a esplorare la vera propria vera natura comprendendo i propri misteri, scoprendo bellezza e potenza.

Balena




Il termine balena definisce, in senso lato, qualsiasi cetaceo di taglia gigantesca (capodoglio, balenottera, megattera e balenide).
Il termine deriva dal latino bālaena, bāllaena o bālēna (dal greco antico phálaina o phálē, dalla stessa radice indoeuropea del tedesco Wal, dell'inglese whale e dello svedese val).

Non tutti sanno che le balene sono mammiferi marini dal sangue caldo (come i delfini) e
definiti "respiratrici coscienti" poiché devono decidere quando respirare.
Riguardo al sonno, anche le balene possono dormire solo che non possono cadere in
stato d’incoscienza per periodi troppo lunghi, proprio perché devono essere coscienti per
poter respirare.
La soluzione a questo problema viene da Madre Natura: quando la balena dorme, la loro natura fa si che dorma solo un emisfero per volta del loro cervello. In questo modo le balene non sono mai completamente addormentate e possono comunque riposare secondo i loro bisogni.
A causa dell’uomo e della caccia, la maggior parte delle specie di grandi balene è a rischio
di estinzione.

Da un punto di vista energetico e spirituale, la balena incoraggia a crescere e progredire al livello successivo, sotto diversi punti di vista. Invita ad ascoltare la propria voce interiore per agire nel presente e prendere le decisioni migliori, senza perdersi troppo nei sogni e nelle fantasie, insegna a cogliere l’attimo presente.
Nel fare ciò, può insegnare anche la sacralità del ritiro e della solitudine, così da concentrarsi meglio sul proprio ascolto interiore senza interferenze e distrazioni.
È un simbolo di forza interiore, che insegna il sano distacco per navigare nelle profondità degli abissi per trovare e scoprire i propri doni da portare in superficie.
Con i suoi comportamenti e abitudini, insegna ad andare avanti, affrontando e superando ogni sfida, senza farsi travolgere dalle emozioni. Rappresenta l’intuito e la consapevolezza, la forza spirituale e il cambiamento, l’avanzamento e la trasformazione.
Tutto ciò è possibile poiché la balena, regina del mare, è anche una portatrice di guarigione.
Attraverso il suo canto, simbolo di creatività, emette suoni di guarigione che possono permeare le nostre cellule ripulendole e guarendole, consentendone la riparazione.
Oltre a giovare al corpo, il suono può anche cambiare il nostro umore e la percezione che abbiamo di noi stessi e del mondo esterno.
Il suo canto è il canto della Dea del mare, che vibra ovunque portando trasformazione e
guarigione.

Delfino




Con il termine delfino s’indica comunemente un gruppo di mammiferi marini, appartenenti all'ordine dei cetacei. Il termine delfino deriva da una parola greca che si fa risalire alla parola “utero” ed è utilizzato per riferirsi alle specie più conosciute: il tursiope e il delfino comune.
Noti per la loro intelligenza, socievolezza, benevolenza, giocosità e per i loro canti, sono da sempre stati posti al centro di miti e credenze.

Nella mitologia classica il delfino è stato considerato come la personificazione dell’acqua,
e associato alle divinità del mare come Poseidone/Nettuno e Afrodite/Venere.
Considerato amico dell’uomo, simbolo di purezza e bontà naturale, è stato considerato un simbolo di evoluzione spirituale, di meditazione e di respiro sacro che permette il distacco dalla confusione e l’elevazione. Per questo motivo è diventato il simbolo che unisce la materia e lo spirito, la vita e la morte, di trasformazione.
In diversi miti è visto come un conciliatore, portatore di pace e allegria, ma soprattutto un punto di riferimento per l’uomo che viene guidato o salvato (marinai e naufraghi in difficoltà) da questo splendido e sagace mammifero.

È l’animale intermediario tra la dimensione spirituale e quella materiale e insegna ad affrontare e superare le difficoltà con amore e riso, senza farsi travolgere dal pessimismo.
Insegna il flusso, il movimento, stimola il pensiero creativo e apre il cuore alla guarigione e alla comprensione.

Visto il suo legame con il respiro e il canto, può essere considerato un animale non solo ambasciatore dei doni dell’elemento Acqua ma anche dell’elemento Aria.
Il loro canto innesca la produzione di cellule T e di endorfine, che determinano l’armonia tra i due emisferi del cervello e, grazie alla bassa frequenza, le loro onde sonore possono causare cambiamenti positivi a livello molecolare all’interno del corpo, portando guarigione e benessere.

Fonti:
-Wikipedia.
-Sirene di Skye Alexander;
-Venere e Afrodite di Bettany Hughes;
-La Via della Sacerdotessa del Mare di Louise Tarrier;
-La magia con la Natura di Laura Rangoni;
-Il linguaggio della Dea di Marija Gimbutas;
-Animali di potere di Nicki Scully;
-Il Vischio e la Quercia di Riccardo Taraglio;
-Ricerche e appunti personali sviluppati negli anni.